IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza, sul ricorso n. 5929/1995 r.g. proposto dalla ditta "Laboratorio chimico siciliano" (L.C.S.) in persona della titolare Bruno Rosa Anna, rappresentata e difesa dall'avv. Giuseppe Tamburello, presso il cui studio, sito in Catania, via Ventimiglia n. 145, e' elettivamente domiciliata; contro il comune di Maniace, in persona del sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Salvatore Cittadino, presso il cui studio, sito in Catania, via Oliveto Scammacca n. 23/C, e' elettivamente domiciliato; e nei confronti della societa' cooperativa "Etna Ciclope Bronte", in persona del legale rappresentante pro-tempore, Mirici Cappa Antonino, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Caltabiano, presso il cui studio, sito in Catania, via Pasubio n. 45, e' elettivamente domiciliato; per l'annullamento previa sospensione, del verbale di aggiudicazione del pubblico incanto esperito il 30 settembre 1995, relativo al servizio di "disinfestazione e derattizzazione" degli edifici comunali e di zone del territorio comunale; di ogni altro atto connesso, presupposto o conseguenziale, ivi compresi, ove occorra, il bando di gara e la deliberazione della G.M. n. 263/1995 di approvazione del bando. Visto il ricorso con i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del comune di Maniace e della cooperativa controinteressata; Visti gli atti tutti della causa; Designato relatore per la camera di consiglio del 7 dicembre 1995 il consigliere Ettore Leotta; Uditi l'avv. Giuseppe Tamburello per il laboratorio chimico ricorrente, l'avv. Salvatore Cittadino per il comune resistente l'avv. Santi Pappalardo, delegato dall'avv. Giuseppe Caltabiano per la ditta controinteressata; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue: F a t t o Con deliberazione di g.m. dell'11 settembre 1995 n. 263 il comune di Maniace indiceva un pubblico incanto, da esperirsi con il sistema di cui all'art. 73, lettera c) del r.d. 23 maggio 1924 n. 827, senza prefissione di alcun limite di ribasso, per affidamento del servizio di disinfezione, disinfestazione e derattizzazione degli edifici comunali e di zone del territorio comunale, per il prezzo a base d'asta di L. 17.970.000, I.V.A. esclusa, per la durata di trenta giorni dalla consegna dei lavori. Secondo le prescrizioni del bando, le offerte andavano presentate a mezzo del servizio postale o a mano, mediante plico sigillato, chiuso con ceralacca, con l'impronta di un sigillo a scelta dell'impresa, purche' non fosse "individuabile il sigillo stesso e quindi l'impresa mittente". Il predetto plico poteva essere recapitato fino ad un'ora prima di quella fissata per la gara. Il bando relativo veniva pubblicato all'Albo pretorio del comune di Maniace il 12 settembre 1995. Alla gara, svoltosi il 30 settembre 1995, partecipavano due imprese. L'impresa "Laboratorio chimico siciliano" l.c.s. veniva esclusa, in quanto al plico relativo era allegata la ricevuta di posta celere contenente l'indicazione del mittente. Indi l'appalto veniva aggiudicato all'impresa controinteressata che aveva offerto il ribasso dell'l% sul prezzo a base d'asta. Con ricorso notificato il 9 novembre 1995, depositato il 5 novembre 1995, l'impresa L.C.S. ha impugnato il verbale di gara del 30 settembre 1995, il bando e la delibera di g.m. n. 263/1995, deducendo a sostegno delle proprie ragioni le seguenti censure: I. - Violazione e false applicazione del bando di gara - Eccesso di potere per travisamento ed insussistenza dei presupposti. L'impresa ricorrente sarebbe stata esclusa per una causa non prevista dal bando di gara, essendosi attenuta scrupolosamente alle prescritte modalita' di chiusura e sigillatura del plico. Ne' l'Amministrazione avrebbe imposto il rispetto di particolari modalita' di spedizione a mezzo posta, a pena di esclusione della gara. II. - Violazione e falsa applicazione del bando sotto ulteriore profilo - Eccesso di potere per travisamento ed insussistenza dei presupposti. Il punto 8, lettera b) del bando di gara contiene la seguente prescrizione: ".... il plico deve essere chiuso con ceralacca, con l'impronta di un sigillo a scelta dell'impresa, purche' non sia individuabile il sigillo stesso e quindi l'impresa mittente ...." In base alle avvertenze del bando, "si fara' luogo alla esclusione della gara nel caso in cui manchi o risulti incompleto alcuno dei documenti richiesti, che incidono in via diretta od immediata sulla funzione di garanzia che la disciplina di gara tende ad assicurare nonche' di tutti quelli volti a tutelare la par condicio dei concorrenti". Secondo la societa' ricorrente, l'apposizione da parte dell'ufficio postale del talloncino di servizio di posta celere sul plico non potrebbe in alcun modo incidere ne' sulla regolarita' della gara, ne' sulla par condicio dei concorrenti. Peraltro, negli schemi di bando-tipo di cui al decreto assessoriale 7 luglio 1995, emanati dall'Assessorato Regionale dei Lavori Pubblici in attuazione dell'art. 48 della l.r. n. 10/1993, sarebbe espressamente prescritta l'indicazione dell'impresa mittente sul relativo plico sigillato. Infine, l'esclusione non potrebbe essere legittimata dall'ulteriore clausola del bando che accorda all'Amministrazione la facolta' di escludere le imprese partecipanti per il mancato rispetto delle prescrizioni e delle condizioni previste nel presente bando o per inadempienze imputabili alle stesse imprese, atteso che, per giurisprudenza pacifica, tale clausola non potrebbe intendersi in senso cosi rigoroso da portare all'esclusione per ogni irregolarita'. III - Violazione della l.r. n. 10/1993, del decreto assessoriale 7 luglio 1995 e delle norme e dei principi vigenti in materia di esclusione dai pubblici appalti. Eccesso di potere per contraddittorieta' ed illogicita' manifesta. La delibera di g.m. n. 263/1995 ed il bando di gara in ogni caso sarebbero illegittimi non essendosi conformati ai bandi tipo di cui al decreto dell'Assessore regionale dei LL. PP. 7 luglio 1995, emanati in attuazione dell'art. 48 della legge regionale n. 10/1993, che prescrivono espressamente l'indicazione dell'impresa mittente sul plico relativo. Peraltro un bando, che consentisse di presentare le offerte per mezzo del servizio postale e che poi prevedesse l'esclusione per formalita' che gli uffici postali sono tenuti a rispettare per proprio regolamento, sarebbe inficiato da contraddittorieta' ed illogicita' manifesta. Il comune di Maniace, costituendosi in giudizio, ha dedotto la inammissibilita' del gravame e la sua infondatezza nel merito. La Societa' cooperativa "Etna Ciclope Bronte" si e' costituita in giudizio, chiedendo il rigetto del ricorso. Nella camera di consiglio del 7 dicembre 1995, il tribunale con ordinanza n. 3094/1995, in accoglimento temporaneo della domanda cautelare, ha disposto la sospensione dell'esecuzione dei provvedimenti impugnati sino alla camera di consiglio successiva alla restituzione degli atti da parte della Corte costituzionale, a seguito di decisione dell'incidente di costituzionalita', sollevato con la presente ordinanza D i r i t t o 1. - Con bando approvato con delibera di giunta municipale n. 263 dell'11 settembre 1995 il comune di Maniace ha indetto un pubblico incanto per l'affidamento del servizio di disinfezione, disinfestazione e derattizzazione degli edifici comunali e di zone del territorio comunale, per la durata di trenta giorni dalla consegna dei lavori, per il prezzo a base d'asta di L. 17.970.000, I.V.A. esclusa. Con verbale del 30 settembre 1995 il Presidente del seggio di gara ha escluso l'offerta dell'impresa "Laboratorio Chimico Siciliano" L.C.S., poiche' al plico pervenuto al comune era allegata la ricevuta di posta celere, con l'indicazione del mittente. Indi il servizio e' stato aggiudicato alla Societa' cooperativa "Etna Ciclope Bronte" unica impresa rimasta in gara. Con il presente gravame l'Impresa L.C.S. ha impugnato il verbale prima citato, il bando di gara e la delibera di g.m. n. 263/1995, deducendone l'illegittimita' sotto vari profili. 2. - Il comune di Maniace, costituendosi in giudizio, a dedotto l'inammissibilita' del gravame, sostenendo che il verbale di gara del 30 settembre 1995 non potrebbe essere oggetto di autonomo gravame, dovendo essere impugnato unitamente al provvedimento con cui l'Ente appaltante lo ha fatto proprio. Ad avviso del tribunale l'accezione deve essere disattesa, dal momento che, per giurisprudenza pacifica ( Cfr. Cons. Stato Sez. V 3 aprile 1985 n. 121; C.G.A. 30 ottobre 1990 n. 388; T.A.R. Latina 30 aprile 1990 n. 394; T.A.R. Molise 13 febbraio 1989 n. 55 T.A.R. Lazio Sez. I-bis 19 gennaio 1993 n. 84) il provvedimento di esclusione da una gara costituisce, per l'escluso, un atto immediatamente lesivo che va, in quanto tale, direttamente impugnato; tutto cio' in quanto il successivo svolgimento della gara e l'eventuale aggiudicazione nulla tolgono o aggiungono alla lesione dell'interesse dell'aspirante escluso, che si e' ormai irrimediabilmente verificata e che rimarrebbe senza ristoro senza un apposito ricorso giurisdizionale. Pertanto l'impresa L.C.S. ha correttamente impugnato il verbale del 30 settembre 1995, trattandosi di atto con il quale e' stata disposta la sua esclusione dalla gara. 3. - Ai fini del decidere il tribunale ritiene necessario richiamare talune disposizoni che disciplinano i pubblici incanti banditi dall'Amministrazione regionale, degli enti da essa vigilati e dagli enti locali territoriali. L'art. 34-bis, quinto comma, della legge regionale 29 aprile 1985 n. 2, nel testo introdotto dall'art. 48 della legge regionale 12 gennaio 1993, n. 10, prescrive testualmente: "E' vietato l'inserimento nei bandi di gara di qualsiasi clausola che richieda certificazioni di presa visione del progetto da parte dei partecipanti o comunque preveda modalita' che possano comportare il riconoscimento preventivo dei partecipanti alla gara". Con determinazioni n. 2085 del 9 febbraio 1995 (inviata quale direttiva alle sezioni provinciali ) il CO.RE.CO. centrale, che esercita il controllo sugli atti dei comuni e province ai sensi della legge regionale 3 dicembre 1991 n. 44, ha ritenuto che la norma in questione abbia introdotto il divieto di indicare nei plichi di partecipazione alle gare i nominativi delle imprese mittenti, perche' cio' potrebbe comportare il riconoscimento preventivo dei concorrenti. Con decreto del 7 luglio 1995 (pubblicato sulla G.U.R.S. 22 luglio 1995 n. 33), nell'approvare gli schemi dei bandi-tipo in materia di pubblico incanto, appalto concorso, concessioni di costruzione e gestione e trattativa privata, previsti dall'art. 34-bis, primo comma, della legge regionale n. 21/1995, nel testo introdotto dall'art. 48 della legge regionale n. 10/1993, l'Assessore regionale dei lavori pubblici ha prescritto che nei plichi delle imprese partecipanti "devono" essere indicati i nominativi delle imprese mittenti. Con determinazione n. 12549 del 28 settembre 1995 (inviata quale ulteriore direttiva alle Sezioni provinciali), il CO.RE.CO. centrale ha ritenuto di poter risolvere il contrasto tra i bandi-tipo regionali e l'art. 34-bis, quinto comma, della legge regionale n. 21/1985 (come sopra interpretato), dando la prevalenza alla norma di legge, perche' dotata di forza maggiore rispetto ai bandi-tipo, aventi natura regolamentare. Oltre le disposizioni prima riportate, il tribunale ritiene necessario richiamare altresi' le ulteriori disposizioni di legge che vietano di rendere noto, prima dell'apertura delle operazioni di gara, quali siano le imprese partecipanti. L'art. 43-bis della legge regionale n. 21/1985, nel testo introdotto dall'art. 16 della l.r. n. 10/1993, cosi' dispone: "1. - Chiunque, senza l'onere di dichiarare la propria identita', puo' esercitare il diritto di accesso alle informazioni presso l'ufficio regionale per i pubblici appalti nei limiti e alle condizioni di cui alla legge regionale 30 aprile 1991 n. 10. 2. - Qualunque sia il procedimento adottato per l'affidamento dei lavori, e' fatto tassativo divieto all'ente appaltante ed all'ufficio regionale per i pubblici appalti, in deroga a qualsiasi diversa disposizione in vigore, di comunicare a terzi o di rendere in qualsiasi altro modo noto, prima dell'apertura delle operazioni di gara, quali siano le imprese che vi partecipano, o che hanno fatto richiesta di invito o di informazione sui dati, ovvero di rila-scio o di consultazione dei capitolati e dei documenti complementari, o che in altro modo hanno segnalato il proprio intresse a prendere parte alla gara. La violazione del divieto, impregiudicate le eventuali sanzioni penali, comporta: l'annullamento della gara di appalto, l'apertura di un procedimento disciplinare a carico del pubblico dipendente e la decadenza dalla carica per il componente dell'ufficio regionale per i pubblici appalti". Per completezza, va richiamato infine l'art. 40 della legge regionale n. 21/1985, nel testo introdotto dall'art. 36 della legge regionale n. 10/1993, che al secondo e terzo comma prescrive testualmente: "2. - Le offerte possono essere presentate fino ad un'ora prima di quella stabilita per l'apertura delle operazioni di gara. Il procedimento di gara si svolge senza soluzione di continuita'. 3. - Nelle procedure di pubblico incanto non hanno efficacia le eventuali dichiarazioni di ritiro delle offerte gia' presentate". Tenuto conto del suddetto quadro normativo e dell'interpretazione data dall'organo che esercita in Sicilia i poteri di controllo sugli atti dei comuni e delle province, il Collegio formula le seguenti considerazioni: a) Le norme richiamate sono state poste in essere per disciplinare gli appalti di lavori pubblici, ma i principi in esse enunciati, per loro natura, hanno portata generale e vanno riferiti anche agli appalti di servizi e di forniture; b) Il legislatore regionale ha introdotto le prescrizioni di cui all'art. 34-bis, quinto comma, ed al-l'art. 43-bis, primo e secondo comma, della legge regionale n. 21/1985, mosso dal lodevolissimo intento di garantire la segretezza sulle imprese che intendono partecipare alle gare di appalto o in qualsiasi modo siano interessate ad esse. Per consentire tale risultato, volto ad evitare accordi preventivi e turbative di qualsiasi genere, e' stato predisposto un articolato meccanismo, in base al quale: I. - Chiunque puo' accedere ai documenti relativi alle gare, senza avere l'onere di dichiarare la propria identita'; II. - E' vietato all'Ente appaltante fornire notizie sulle imprese che partecipano alla gara o che in qualunque modo vi abbiano mostrato interesse, pena l'annullamento della gara, l'apertura di un procedimento disciplinare per il funzionario infedele e la decadenza dalla carica per il componente dell'ufficio regionale degli appalti che abbia dato informazioni; III. - Nei bandi di gara e' vietato inserire clausole che richiedano certificazioni di presa visione del progetto o che comunque richiedano certificazioni di presa visione del progetto o che comunque prevedano modalita' che "possano" comportare il riconoscimento preventivo dei partecipanti alla gara. Secondo i lavori preparatori relativi alla legge regionale n. 10/1993 (Cfr. Resoconto stenografico della 100 seduta del 16 dicembre 1992 dell'assemblea regionale siciliana. Intervento del Presidente della IV Commissione Ambiente e territorio - pag. 5101) la prescrizione di cui al punto III e' volta a "precludere l'accesso ad una clausola che, piu' volte inserita in bandi di gara per asta pubblica, prevede una certificazione dell'ufficio tecnico dell'ente appaltante, attestando che l'impresa X ha preso visione del progetto, eccetera. Tale clausola rappresenta infatti un modo per costringere a dichiarare la propria identita'. Si tratta di una cautela in piu' che la commissione ritiene di dover formulare e di cui si ravvisa l'utilita' al fine di garantire la massima segretezza sui soggetti che hanno intenzione di partecipare alle gare di asta pubblica". Osserva il Collegio che l'art. 34-bis della legge regionale n. 21/1985, riferendosi anche alla mera "possibilita'" del riconoscimento preventivo dei concorrenti, viene ad avere una portata ben piu' ampia di quella rappresentata con i lavori preparatori (in base ai quali il divieto avrebbe dovuto concernere soltanto le certificazioni dell'U.T.C.). Attesa l'eccessiva dilatazione della prescrizione normativa, il Coreco centrale ha finito, a ragione, con il ritenere che da essa derivi anche il divieto di segnare nei plichi contenenti le offerte i nominativi delle imprese mittenti, perche' tali indicazioni potrebbero consentire, in concomitanza con il comportamento infedele di funzionari dell'Amministrazione, l'individuazione preventiva dei concorrenti. Cosi' formulata ed interpretata, la norma di cui trattasi finisce con l'essere irrazionale ed ingiustificata. Il tribunale perviene a tale conclusione, rilevando che: A) In base all'art. 40, secondo comma, della legge regionale n. 21/1985, le offerte possano essere presentate fino ad un'ora prima di quella stabilita per le operazioni di gara, con qualsiasi mezzo, e quindi per posta, per corriere o tramite impiegati o persone di fiducia delle imprese. Intendendo il divieto di cui all'art. 34, quinto comma, della legge regionale n. 21/1985 in senso assoluto (come peraltro la formulazione della norma obbliga a fare), oltre all'indicazione del mittente non dovrebbe essere consentita neppure la consegna dei plichi tramite dipendenti delle imprese concorenti, perche' anche in questo caso l'identita' dei latori del plico potrebbe consentire l'individuazione preventiva dei partecipanti; B) Tenuto conto della contiguita' temporale tra la presentazione delle offerte e lo svolgimento della gara, la conoscenza delle imprese partecipanti acquisita tramite l'indicazione del mittente viene a perdere qualsiasi rilevanza ai fini del corretto svolgimento della procedura di scelta del privato contraente, anche perche', in base all'art. 40, terzo comma, della legge regionale n. 21/1985, eventuali dichiarazioni di ritiro delle offerte gia' presentate (provocate dall'acquisita conoscenza della identita' degli altri partecipanti sarebbero inefficaci, per espressa prescrizione normativa; C) In conclusione, l'esigenza di segretezza in ordine ai soggetti che hanno intenzione di partecipare alle gare, ove estesa anche al momento della presentazione dei plichi (nel quale le imprese partecipanti vengano necessariamente a contatto con l'Amministrazione appaltante), appare irrazionale ed ingiustificata e diventa fine a se stessa. Da cio' consegue la violazione dei principi di ragionevolezza e di buon andamento della pubblica amministrazione, consacrati negli artt. 3, primo comma e 97, primo comma, della Costituzione atteso che le regole dell'azione amministrativa devono sempre essere volte ad assicurare un interesse pubblico e non ad appesantire o complicare inutilmente il procedimento. Individuato il quadro normativo di riferimento, il Collegio puo' ora procedere all'esame del merito del gravame. 3. - Con la prima censura si deduce la violazione e falsa applicazione del bando di gara, nonche' l'eccesso di potere per travisamento ed insussistenza dei presupposti. L'impresa L.C.S. sostiene che l'indicazione del mittente nel plico di partecipazione alla gara non sarebbe prevista dal bando quale causa di esclusione. Ne' l'Amministrazione avrebbe imposto il rispetto di particolari modalita' di spedizione a mezzo posta, a pena di esclusione. Tale assunto e' privo di pregio. L'art. 8, lettera b) del bando prescrive che il "plico deve essere chiuso con ceralacca, con l'impronta di un sigillo a scelta della impresa, purche' non sia individuabile il sigillo stesso e quindi l'impresa mittente". Per come chiarito al superiore punto 3), trattasi di prescrizione conforme all'art. 34-bis, quinto comma, della legge regionale n. 21/1985 come introdotto dall'art. 48 della legge regionale n. 10/1993, che impone l'anonimato dei plichi. Pertanto l'Amministrazione ha correttamente disposto l'esclusione dell'impresa ricorrente, che aveva inviato un plico con allegato il talloncino di posta celere, riportante le generalita' del mittente. 4. - Con la seconda censura si sostiene che l'apposizione da parte del competente ufficio postale del talloncino di servizio di posta celere non potrebbe in alcun modo incidere ne' sulla regolarita' della gara, ne' sulla par condicio dei concorrenti e pertanto non potrebbe costituire motivo di esclusione. Peraltro, negli schemi di tipo di cui al d.a. 7 luglio 1995 emanati dall'Assessorato Regionale dei Lavori pubblici in attuazione dell'art. 48 della n. 10/1993, sarebbe espressamente prescritta l'indicazione sul plico sigillato dell'impresa mittente. Per il tribunale anche tale rilievo non e' fondato, atteso che il talloncino di servizio della posta celere ha di fatto comportato il riconoscimento preventivo dell'impresa ricorrente e che i bandi-tipo regionali, avendo natura regolamentare, sul punto debbano essere disapplicati, perche' in contrasto con norme di legge regionale, sicuramente prevalenti (cfr. Cons. Stato V 26 febbraio 1992 n. 154). 5. - Con la terza censura si sostiene che la delibera di g.m. 263/1995 ed il bando di gara sarebbero in ogni caso illegittimi non essendosi uniformati ai bandi tipo di cui al d.a. 7 luglio 1995, che prescrivono espressamente l'indicazione dell'impresa mittente sul plico. Peraltro, un bando che consentisse di presentare le offerte per mezzo del servizio postale e che poi prevedesse l'esclusione per formalita' che gli uffici postali sono tenuti a rispettare per proprio regolamento interno sarebbe inficiato da contraddittorieta' ed illogicita' manifesta. Anche tali rilievi sono privi di pregio, per le medesime considerazioni formulate al punto 4). In presenza poi delle prescrizioni contenute nell'art. 34-bis della legge regionale n. 21/1985, le imprese partecipanti sono tenute a scegliere un mezzo di consegna del plico che non consente, quanto meno, l'individuazione formale dei concorrenti. Cio' dovrebbe comportare, allo stato la reiezione della richiesta di inibitoria. Tuttavia, prima di adottare una pronuncia in proposito, il tribunale ritiene necessario che debba essere verificata la conformita' ai precetti costituzionali dell'art. 34-bis, quinto comma, della legge regionale n. 21/1985, nel testo introdotto dall'art. 48 della legge regionale n. 10/1993, nella parte in cui introduce il divieto del riconoscimento preventivo dei partecipanti alle gare di appalto anche nella fase di presentazione delle offerte. Il sospetto di incostituzionalita' della disposizione richiamata appare non manifestamente infondato, per le considerazioni formulate al superiore punto 3). Circa la rilevanza della questione prospettata, va evidenziato che la sorte del ricorso e indissolubilmente legata all'esito del giudizio di costituzionalita' del citato art. 34-bis, quinto comma, della l.r. n. 21/1985 dal momento che la domanda dell'impresa ricorrente puo' essere accolta solo in quanto risulta fondata la sollevata questione di legittimita' costituzionale. Con l'occasione, il Collegio fa presente che nelle more della redazione dell'ordinanza, e' entrata in vigore 8 gennaio 1996 n. 4, che, all'art. 8, ha modificato il quinto comma, dell'art. 34-bis della legge regionale 29 aprile 1985 n. 21. A seguito di tale modifica le parole "che possano comportare" sono state sostituite dalle parole che "che comportino necessariamente". Tale innovazione legislativa non ha mutato i termini della questione prospettata, atteso che l'indicazione del'impresa mittente sul plico comporta "necessariamente" il riconoscimento preventivo dei partecipanti alla gara. Tanto si segnala affinche' la Corte costituzionale, ove ritenga fondata la questione di costituzionalita' prospettata con la presente ordinanza, si pronunci, ai sensi dell'art. 27, ultima parte della legge 11 marzo 1953 n. 87 anche nei confronti di tale ulteriore disposizione legislativa, la cui illegittimita' costituirebbe una conseguenza della decisione adottanda.